Pubblicato da Andrea Sisti il 20 Ottobre 2011 in Letteratura
Storia, cultura e scienza illuminata: l’Europa settecentesca di Ernesto Sestan
La recentissima pubblicazione del V volume degli Scritti vari di Ernesto Sestan – per Le Lettere di Firenze, a cura di Renato Pasta – dedicati all’età moderna, ci permette di ritornare a riflettere sulla gran figura e lo straordinario magistero d’uno dei maggiori storici del XX secolo. Maestro all’antica – come lo ha definito Valerio Castronovo – Sestan nacque a Trento, allora ancora parte dell’Impero austro-ungarico, il 2 novembre 1898. Di famiglia istriana, originaria di Albona, crebbe fra Trentino e Istria. Ancora giovanissimo, combatté nella I guerra mondiale, in Romania, tra le fila dell’esercito austro-ungarico. Nel 1918, concluse l’esperienza ginnasiale a Vienna. Annessa la sua terra d’origine all’Italia dopo il conflitto, si portò a Firenze, dove studiò storia medievale con Gaetano Salvemini e strinse amicizia con Federico Chabod (del quale avrebbe curato, tempo dopo, edizioni della Storia dell’idea d’Europa e L’idea di nazione). Nel 1923, Sestan si laureò, con una Tesi su Le origini del podestà forestiero nei comuni toscani, e negli anni immediatamente successivi insegnò in numerose scuole. Nel 1929, chiamatovi da Giovanni Gentile, si trasferì a Roma, per collaborare con l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani. Soltanto due anni più tardi, fu nominato segretario della Reale Accademia d’Italia. Fra il 1936 ed il 1939 fu provveditore agli studi di Siena. Terminato la seconda guerra mondiale, nel 1948 divenne docente di Storia medievale e moderna presso l’Università degli Studi di Cagliari. Inoltre, tra il 1946 ed il 1949 tornò a esser redattore dell’Enciclopedia Italiana per le voci di storia medievale e moderna. Nel 1949, passò alla Normale Superiore di Pisa, per restarvi sino al 1952, l’anno in cui si spostò alla Statale. Nel 1954, succedendo nell’insegnamento a Nikolaj PetroviÄ Ottokar, diventò professore di Storia medievale e moderna a Firenze, dove insegnò sino al 1969, ricoprendo la carica di Direttore del Dipartimento di Storia e Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia. Nel 1975 fu eletto socio nazionale dei Lincei. Tra il 1969 ed il 1986 fu il presidente della Deputazione toscana di storia patria, nonché direttore dell’Archivio storico italiano. Nel 1983, nella sua città natale, gli fu affidata la presidenza dei lavori del Convegno su Trento nell’età di Paolo Oss Mazzurana e il compito di trarne le conclusioni finali. Dopo la sua morte, avvenuta il 19 di gennaio del 1986, diversi saggi di Sestan, apparsi in principio su riviste ed opere collettive, furono pubblicati in apposite raccolte postume a cura degli allievi prediletti. Per Le Lettere di Firenze, Franco Cardini ha curato il primo volume (Alto medioevo, 1988), Marino Berengo il secondo (L’Italia comunale e signorile, 1989), Giuliano Pinto il terzo (sulla Storiografia dell’Otto e Novecento, 1991), Roberto Vivarelli il quarto (L’età contemporanea, 1999) e infine Giovanni Cherubini, in collaborazione con Gabriele Turi, le Memorie di un uomo senza qualità (1997), l’autobiografia di Sestan reminiscente sin dal titolo il capolavoro di Musil. Una massa realmente imponente di studi, già da tempo oggetto di seria riflessione storiografica (G. Cherubini, Bibliografia degli scritti di Ernesto Sestan, Firenze, Le Monnier, 1973; Id., Ernesto Sestan, in Archivio storico italiano, CXLIII, 1985, pp. 521-563).
All’indomani della morte di Sestan, si tenne una giornata di studi in suo ricordo a Trento, l’8-9 nov. 1990 (gli Atti uscirono due anni dopo, grazie alla Società di studi trentini di scienze storiche, a cura di Angelo Ara e di Umberto Corsini). A Firenze – il 13-14 novembre del 1998, nel centenario della nascita – si tenne un altro grande convegno: gli Atti di quelle giornate videro la luce per Olschki, curati da Giuliano Pinto ed Emilio Cristiani, nel 2000. Al convegno presenziarono tra gli altri Furio Diaz, Giuseppe Galasso, Franco Cardini, Antonio Rotondò e Mario Rosa.
L’opera di Sestan spazia su ambiti straordinariamente vasti, sia sul piano geografico, sia su quello cronologico. Di questa eccezionale ricchezza di interessi si rammaricò lui stesso, ritenendo di avere disperso le proprie forze in tematiche troppo diverse tra loro per delineare una vera e propria scuola storiografica. In realtà tutti i suoi studi, segnatamente quelli di storia comunale, si caratterizzano per la capacità di fondere l’attenzione per l’analisi dei documenti con l’interpretazione entro prospettive storiche di ampio respiro, facendo così, di Sestan, uno dei maggiori storici italiani del XX secolo. In lui e nelle sue pagine rivive la sensibilità universalista e cosmopolita di chi, con la propria persona e le esperienze consumate, ha saputo respirare e apprezzare tradizioni etniche e culturali assai diverse tra di loro (austro-tedesca, slava, italiana), di chi si è confrontato con il milieu mitteleuropeo. C’è un filo rosso che tiene uniti, al di là dell’apparente divergenza, i temi e i personaggi trattati da Sestan, nel cui metodo storiografico – forgiato tra la stagione crociana e quella post (e anti) crociana – non è difficile scorgere i frutti maturi della lezione di Niccolò Rodolico (al quale Sestan successe come presidente della Deputazione toscana e direttore dell’Archivio storico italiano) e di Giacchino Volpe (il quale volle Sestan presso la Giunta centrale per gli studi storici e lo fece entrare nella redazione della Rivista storica italiana).
Sestan lavorò e scrisse su Paolo Diacono, Dante, Petrarca, Lutero e la Riforma germanica, di storia fiorentina e senese, di arti e corporazioni, su Ariosto e gli Estensi, sui Gonzaga nel Rinascimento. Si occupò altresì di pensiero politico del Risorgimento (Romagnosi, Mazzini, Cattaneo e Ferrari). Fece conoscere in Italia gli studi sul capitalismo di Werner Sombart. Molto importanti anche i suoi scritti di storia della storiografia su Giorgio Falco, Walter Maturi e Delio Cantimori, del quale egli fu poi il successore all’Università di Pisa. Anche se per molti Sestan diede il meglio di sé nelle monografie su comuni e signorie, fu autore anche di manuali – limpidi e illuminanti, tutt’oggi – di storia greco-romana ed orientale. Editò pure i carteggi diplomatici tra la Milano sforzesca e la Borgogna, con ciò contribuendo ad avviare e-o a rimodellare, in Italia, la storia delle relazioni internazionali. Uomo di vastissima cultura, di grande preparazione e di eccezionali competenze, animato da viva curiosità intellettuale e da interessi quanto mai versatili, straordinariamente erudito, ma dell’erudizione non prigioniero, Sestan appartenne a quella generazione di storici che oggi quasi non v’è più – chi scrive pensa a Rotta, a Venturi… – capace di lumeggiare pressoché ogni aspetto del sapere, con sobrietà ed eleganza stilistica, ogni figura, ogni problema. Uomini come lui sapevano ‘tutto’. Potevano scrivere di ‘tutto’, lontano dall’odierna (e talvolta avvilente) specializzazione disciplinare, inseguita a tutti i costi frantumando la conoscenza e la sua unità .
Poliedrico e sconfinatamente colto, Sestan spaziò coi suoi interessi da questioni di storia medievale (Stato e nazione nell’Alto Medioevo, 1951; Italia medievale, 1966; L’Alto Medioevo, 1967) sino alla storia absburgica (La Costituente di Francoforte, 1848-49, 1947; Sacro Romano Impero ed Europa, 1969; Autonomie e nazionalità nella monarchia austro-ungarica, 1981), senza dimenticare le radici storiche della questione adriatica (Venezia Giulia, 1947; La politica veneziana del Seicento, 1959) e le connesse vicende dell’Oriente europeo, dopo la caduta di Bisanzio (lo studio su L’avanzata turca nel Mediterraneo dopo il 1453 e la reazione europea, 1940).
Sestan si avvicinò nei suoi percorsi anche al mondo dei Lumi e ai valori del XVIII secolo. Insieme a Giovanni Macchia, l’insigne francesista scomparso nel 2001, curò nel 1951 l’edizione italiana del Siècle de Louis XIV (1753) di Voltaire. Si dedicò, altresì, a Gian Rinaldo Carli, figura-chiave nella storia del passaggio dal razionalismo del nostro primo Settecento all’Illuminismo del secondo: Carli intelligenza vicina a Muratori e Maffei nel trattar di maghi e stregoneria, qualcosa di più d’una sola e semplice sopravvivenza medievale. Al secolo XVIII, Sestan consacrò anche studi specifici, quali Prodromi di storicismo nel Settecento (1954) e Il riformismo settecentesco in Italia (1955), nonché Scientifismo e storiografia nel Settecento (1971), stampati il primo a Milano dai Fratelli Bocca ed i secondi a Firenze da Sansoni. E un capolavoro indiscusso rimane la silloge Europa settecentesca ed altri saggi, lo splendido libro ricciardiano che Sestan licenziò nel 1951: ancora oggi, è un autentico piacere leggerne i ritratti (Federico II il grande, il principe Eugenio di Savoia, il Granduca Leopoldo II di Toscana, il giovane Cattaneo, Gino Capponi – quest’ultimo da Sestan studiato congiuntamente a Giovan Pietro Vieusseux nel libro su La Firenze di Vieusseux e di Capponi, pubblicato da Olschki nel 1986 per le cure di Giovanni Spadolini) e i quadri mirabilmente tracciati (sugli elettori del Reich e la storia prussiana, sulle lumières dei philosophes, sul mito del buon selvaggio americano nel ‘700 italiano, su Risorgimento italiano e unità tedesca, nonché su Sardegna, Corsica e nazione italiana). A quelle tematiche, adesso, si riconnettono questi Scritti vari, usciti per Le Lettere e riguardanti, appunto, L’età moderna, la sua storia e cultura. Il volume completa, come detto, la serie degli Scritti vari di Sestan, serie promossa dalla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze. Esso raccoglie ventiquattro contributi, di cui due inediti. Testimonianza di una attività indefessa ed acuta, questi lavori vanno dagli albori dell’età moderna alle soglie della Rivoluzione francese e toccano aspetti essenziali della storia italiana ed europea, dal conflitto tra cristiani e islamici dopo la caduta dell’Impero bizantino – che tra gli altri, ebbe anche l’effetto di interrompere le relazioni intellettuali tra veneziani e greci, bloccando il flusso in Occidente dei manoscritti scientifici tardo-medievali, e condusse indirettamente a una nuova età di scoperte ed esplorazioni geografiche, solo culminata in quella colombiana dell’America – sino alle vicende del Sacro Romano Impero nel periodo della sua decadenza, all’indagine sul Secolo del newtoniano Voltaire, sino alle più tarde ricerche su Carli e su Denina, quest’ultimo uno dei più grandi e controversi storici piemontesi tra Sette e Ottocento. Con una rara finezza di scrittura – quella che, del resto, al solito lo contraddistingueva – Sestan delinea qui i problemi salienti della vita culturale e politica tra XV e XVIII secolo, facendo perno sul lascito dell’Illuminismo – un Illuminismo cresciuto e sviluppatosi poggiando sul rigore e le certezze di una nuova scienza, quella rinascimentale e barocca che, dopo la crisi della coscienza europea, fu dai Lumi codificata – e della sua storiografia, con immutata fedeltà alle prospettive etiche e concettuali della tradizione storicistica, in particolare di lingua tedesca (Meinecke su tutti). Il che ci conferma il valore e la statura di Ernesto Sestan, uno storico al servizio delle idee. La presentazione del volume, magistrale, è affidata a Robert Mandrou, mentre sei dei capitoli costituenti il volume erano già stati editi in Europa settecentesca. Aspetto che non inficia ovviamente l’importanza e utilità del presente libro, davvero splendido sotto ogni aspetto.
Davide Arecco