Pubblicato da Andrea Sisti il 18 Marzo 2012 in Letteratura

Classici moderni: alla riscoperta dei libertini italiani

Alberto Beniscelli, nel presentare al pubblico la sua ultima fatica – Libertini italiani. Letteratura e idee tra XVII e XVIII secolo, appena uscita per la BUR – osserva che «provocazione scientifica, ribellione politico-sociale e indisciplina morale sono le caratteristiche salienti di un movimento che si pone esplicitamente, e spesso pericolosamente, in conflitto con la realtà oppressiva e convenzionale di ogni sistema di credenze, di ogni assetto normale o normativo. Così la relativizzazione del reale, la spiegazione dei moti dell’universo e un’idea non trascendente dell’anima-corpo degli uomini entreranno a fare parte della storia delle idee e si trasformeranno in forme espressive nuove, inclusa quella descrizione di un eros impetuoso e insopprimibile che è caratteristica di molta letteratura libertina. Anche in Italia, attraverso l’esperienza di autori come Paolo Sarpi e Giulio Cesare Vanini, Giacomo Casanova e Ferdinando Galiani, le cui pagine salienti sono raccolte e commentate, tra le altre, in questo volume, si consuma così una delle più capillari azioni di desacralizzazione che l’Europa abbia mai conosciuto». Scienza, religione, storia, politica: le indoli anti-conformiste ed edoniste dei più contro-corrente ed inquieti tra gli spiriti italiani della nostra penisola sperimentarono, tra fine ‘500 e tardo ‘700, un radicalismo che – attraverso libri (quasi sempre colpiti dall’Indice), salotti e accademie – sfidò più volte e in forme anche diverse (ma complementari) il dogmatismo e i luoghi comuni, a più livelli. E’ una geografia varia, molteplice e sfuggente quella del libertinismo italiano: in questa splendida silloge, Beniscelli ne individua anche i legami storici con il pensiero libertino europeo (si vedano al riguardo gli echi italiani del deismo di Toland). Nel corso del Seicento, tra una scienza che costruiva faticosamente se stessa e la vecchia astrologia che non voleva morire, il libertinismo permise anche in Italia di riattingere l’atomismo di Lucrezio (specie nella Toscana granducale e non senza problemi censori). Tra XVII e XVIII secolo, in particolare, la ricerca di un’adeguata libertas philosophandi si accompagnò pressoché inestricabilmente con vive polemiche contro gli eccessi temporali della Chiesa romana (si leggano le pagine, qui antologizzate, di Gregorio Leti, Ferrante Pallavicino, nonché degli stessi Giordano Bruno e Tommaso Campanella, alfieri del neo-naturalimo magico rinascimentale). Oltre a un’ampia presentazione d’insieme del tema affrontato nel libro, Beniscelli ci introduce ad ogni sezione dello stesso con apposite pagine e note di commento, le quali meglio permettono al lettore (anche a quello non specialista) di orientarsi nell’affascinante selva libertina. Troviamo così letterati di età barocca (Brusoni, Loredano, Frugoni e Marana), scrittori politici del tardo Rinascimento (Boccalini), i primi uomini di scienza dell’età moderna (Cardano, Liceti, Ciampoli, Marchetti, di Capua), alchimisti (Borri, di Sangro, Cagliostro e Jerocades) sovente legati all’universo della Massoneria e dell’ermetismo latomistico, liberi pensatori che aprono le porte a newtonianesimo ed Illuminismo (Giannone, Conti, Algarotti, Crudeli), librettisti settecenteschi di area mozartiana (Da Ponte). Troviamo uomini, idee, opere, luoghi e ambienti che fanno da sfondo alla temperie libertina, prima e dopo i riverberi nostrani di quella che Paul Hazard definì ‘la crisi della coscienza europea’ con espressione divenuta felice patrimonio del lessico storiografico. Troviamo, nel volume di Beniscelli, testi e contesti che s’illuminano in modo vicendevole. Il curatore chiude con Monti, Pilati, Ortes e, significativamente, Leopardi. Fornisce anche una risposta alla ‘ricerca dei libertini’ intrapresa ormai svariati decenni fa dal grande Giorgio Spini. Più di tutto, questa indagine condotta veramente a tappeto da Beniscelli dà nomi e volti dai contorni ben delineati alle parole rimaste celebri di Gabriel Naudé: «l’Italia è piena di libertini e di atei e di gente che non crede in nulla. Tuttavia il numero di coloro che scrivono circa l’immortalità dell’anima è pressoché infinito». Libertini italiani getta luce nuova ed esaustiva anche riguardo a questa contraddizione apparente e carica di significati profondi.

Davide Arecco