Pubblicato da Andrea Sisti il 7 Dicembre 2011 in Arte

Tra arte, scienza e politica: il salotto letterario settecentesco di Clelia Grillo Borromeo Arese

La storia del Settecento europeo è anche storia di donne, talvolta di grandi donne che si confrontano con i Lumi più radicali e prossimi al deismo sponoziano (nelle logge olandesi) o con le conquiste di una nuova scienza, matematica e sperimentale. Emilie du Châtelet, amante di Voltaire, studia fisica del fuoco e traduce Newton. Laura Bassi è un astro della cultura e della società bolognesi. A Maria Gaetana Agnesi, nata a Milano e nota filantropa, spetta un posto di non secondo piano nelle vicende connesse agli sviluppi del calcolo infinitesimale e alla sua divulgazione. Un’altra figura di assoluto valore, eppure poco nota sino ad oggi, fu senz’altro Clelia Grillo Borromeo Arese. La riscopre, ora, il primo tomo di un bel libro collettivo, curato da Dario Generali (Clelia Grillo Borromeo Arese. Un salotto letterario settecentesco tra arte, scienza e politica, Firenze, Olschki, 2011). La Borromeo fu una nobile e intellettuale assai controversa e affascinante, animatrice, nella Milano della prima metà del secolo XVIII, di un cenacolo letterario che si configurò alla stregua di un punto di riferimento imprescindibile per i dibattiti culturali e scientifici della città lombarda. Il rapporto da lei instaurato (nel 1718) con Antonio Vallisneri, ed i successivi soggiorni nei palazzi borromaici di quest’ultimo, favorirono lo svecchiamento delle scienze mediche e naturalistiche nell’ambiente milanese, nonché una significativa estensione della rete dei corrispondenti e collaboratori del professore patavino, in quegli anni all’apice della carriera e portavoce del galileismo baconiano nelle ricerche riguardanti le scienze della vita. Mio filosofo caro: così la Borromeo si rivolgeva all’amico Vallisneri; un’amicizia di natura filosofico-scientifica indagata in questo volume da Paula Findlen. L’aristocratica lombarda si interessò di fenomeni geologici (come ricostruisce Francesco Luzzini, a partire dall’epistolario di Vallisneri) e di scienze matematiche (e diversi furono i matematici che le resero un omaggio non di facciata, precisa Clara Silvia Roero). La Borromeo, come rammenta correttamente Paola Bertucci, fu ‘una matrona nella Repubblica delle Lettere’, una protagonista della socialità scientifica a inizio Settecento. Visse, nella sua città, una fase cruciale, quella post-spagnola e pre-teresiana, che certo preparò il terreno alla venuta del più maturo Illuminismo giuridico-economico e a salotti divenuti in fretta emblematici (quella Accademia dei Pugni della quale Il Caffé fu tribuna indiscussa). L’eroina dei Filosofi – la chiamavano all’epoca così, come ricorda Ivano Dal Prete – diede con il suo gruppo un contributo molto importante al trapasso dalla vecchia alla nuova cultura, dall’erudizione barocca alla scienza moderna. Del suo mondo fece parte anche Bartolomeo Corte, anello fondamentale nella catena medico-scientifica italiana del tempo (ne scrive il curatore di questi Atti, Dario Generali). In generale, si può in effetti affermare – con Marta Cavazza – che il ricupero in sede storiografica della Borromeo contribuisce a ricostruire la presenza femminile nella scienza italiana del ‘700. Oramai, si è passati dalla rimozione alla riscoperta. E una nuova storia, quella di un secolo che si crede sempre a torto di conoscere troppo bene, può essere raccontata.

Il libro vede la luce nella collana che ospita l’Edizione Nazionale delle Opere di Antonio Vallisneri: è il sesto volume della Biblioteca. Nell’ambito dei manoscritti vallisneriani, sono stati intanto editi i Quaderni di osservazioni e i Consulti medici, mentre delle opere a stampa del professore di Padova sono state pubblicate la Istoria della generazione, i Miglioramenti e correzioni d’alcune sperienze ed osservazioni del Signor Redi e la dissertazione vagamente neo-ippocratica Dell’uso, e dell’abuso delle bevande, e bagnature. Si tratta, globalmente intesa, di una operazione editoriale veramente straordinaria: diretta e coordinata da Dario Generali, consente finalmente di approcciare da vicino il più grande biologo italiano vissuto tra Malpighi e Morgagni, come anche di confrontarsi con il suo mondo d’appartenenza, in questo caso quello milanese di Clelia Grillo Borromeo Arese.

Davide Arecco